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“A vostra discrezione”: il caos di mezz’estate sul controllo documenti per il Green pass

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Nel giro di 48 ore, il Viminale si è trovato a dover (più o meno) smentire il ministro Lamorgese per difendere i controlli di identità contestuali al Green pass

Palazzo Chigi riapre il 23 agosto, ma la polemica (e il caos) non si spegne sul ministro dell’Interno Luciana Lamorgese. La titolare del Viminale, infatti, è sostanzialmente stata smentita dal proprio Gabinetto che ha dovuto affrontare la non semplice missione di rendere il più possibile diplomatica la circolare sul Green pass annunciata dallo stesso ministro e incentrata sul controllo sì, controllo no dei documenti di identità da parte di esercenti e ristoratori.

Un equilibrio instabile, appunto, tra ciò che ha voluto il presidente Draghi, ossia controllo documento, e quanto affermato un paio di giorni fa dal ministro, ossia che ristoratori ed esercenti “non sono tenuti a chiedere la carta d’identità e faremo una circolare come Viminale per spiegare che non sono tenuti a farlo. Nessuno pretende che gli esercenti chiedano i documenti, i ristoratori non devono fare i poliziotti”.

Cosa dice la circolare del Viminale

La circolare è arrivata, ma la toppa non basta per la voragine. Dal Viminale, infatti, quattro pagine spiegano la questione della verifica dei documenti. In particolare, la circolare spiega che “giova ribadire che la verifica dell’identità della persona in possesso della certificazione verde ha natura discrezionale ed è rivolta a garantire il legittimo possesso della certificazione medesima”.

E ancora: “Tale verifica si renderà comunque necessaria nei casi di abuso o elusione delle norme, come, ad esempio, quando appaia manifesta l’incongruenza coi i dati anagrafici contenuti nella certificazione”.

Insomma: gli esercenti non devono chiedere sempre e per forza i documenti, a meno che la violazione non sia palese. Il Green pass, quello sì, devono chiederlo sempre e obbligatoriamente onde evitare la sanzione da 400 a 1000 euro. Ma la natura discrezionale, nei fatti, lascia il completo arbitrio agli esercenti.

Viene, infatti, il dubbio di giudizio pure sulla “manifesta incongruenza”, tutto sommato anch’essa di natura soggettiva. Perché se un giovane usa il Green pass del nonno, evidentemente con una data di nascita che non lascia spazio a opinioni, allora è incongruenza manifesta. Su questo non ci sono dubbi. Già, ma se un giovane – o un adulto – utilizza invece il green pass di un suo amico coetaneo?

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