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Indennizzi per licenziamento ingiustificato, Jobs Act incostituzionale

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La Consulta dichiara illegittimo il criterio rigido adottato dal Jobs Act. Nemmeno il decreto dignità modifica il meccanismo

La Consulta ha dichiarato incostituzionale la parte del Jobs Act (art. 3 comma 1, Dlgs 23/2005) relativa all’indennità spettante al lavoratore ingiustificatamente licenziato. Il recente decreto dignità non sana la questione poiché modifica il criterio solo in relazione alle mensilità di indennizzo da un minimo di sei a un massimo di 36. Non tange invece il meccanismo messo sotto la lente di ingrandimento dalla corte costituzionale.

Secondo i giudici il Jobs Act è contrario ai principi di ragionevolezza e di uguaglianza nel determinare l’indennizzo limitandosi all’anzianità di servizio del lavoratore. Per la Consulta vi è contrasto col diritto e la tutela del lavoro di cui agli articoli 4 e 35 della Costituzione. Tutte le altre questioni relative ai licenziamenti sono state dichiarate inammissibili o infondate. La sentenza sarà depositata nelle prossime settimane.

La parte del Jobs Act considerata illegittima, relativa ai contratti a tempo indeterminato a tutele crescenti, recita così: “Il giudice dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un’indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari a due mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a quattro e non superiore a ventiquattro mensilità”.

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