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Pensioni, la riforma Fornero non si tocca. Il motivo? In Italia siamo troppi

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Dalla Corte dei Conti e da Bankitalia arriva lo stop a qualsiasi passo indietro

 

Nel giorno dell’audizione sulla NaDef dinanzi alle commissioni Bilancio di Camera e Senato, arriva un secco ‘no’ a eventuali modifiche della riforma Fornero sulle pensioni. Nessuna novità, infatti, all’orizzonte. Anzi, l’unica certezza è che la normativa attualmente in vigore sia vista come essenziale dalla Pubblica amministrazione. Con buona pace della scia di forti polemiche che si protrae da anni sulla rivoluzione pensionistica firmata dall’allora ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, durante il Governo Monti.


“Ogni arretramento in proposito – ha avvertito all’audizione
Arturo Martucci, presidente della Corte dei Conti – esporrebbe il comparto, dunque la finanza pubblica in generale, a rischi di sostenibilità”. Gli ha fatto eco Luigi Federico Signorini, anche lui alla presentazione della Nota di aggiornamento del Def in qualità di vicedirettore generale di Bankitalia. “Le ultime proiezioni sulla spesa pensionistica – ha sottolineato – mettono in evidenza l’importanza di garantire la piena attuazione delle riforme approvate in passato, senza tornare indietro.


Nella fattispecie, la Corte dei Conti ha invitato a confermare i caratteri strutturali della riforma Fornero. Ciò “a partire dai meccanismi di adeguamento automatico di alcuni parametri come i requisiti anagrafici di accesso all’evoluzione della speranza di vita e la revisione dei coefficienti di trasformazione”.

La Nota di aggiornamento al Def, in definitiva, afferma che l’insieme delle riforme previdenziali realizzate negli ultimi venti anni hanno raddrizzato i conti. Qual è allora il problema? “Le prospettive demografiche e di crescita potenziale – viene sottolineato da Bankitalia –
sono state aggiornate e risultano meno favorevoli”.

“Le più recenti proiezioni dell’incidenza della spesa sul prodotto, da poco rese note dalla Ragioneria Generale dello Stato, sono più alte di quanto precedentemente prospettato.” Dunque “comporterebbero un peggioramento degli indicatori di sostenibilità delle finanze pubbliche calcolati dalla Commissione europea”. Per Signorini “l’incidenza sul Pil della spesa per pensioni, oggi pari a circa il 15,5 per cento, raggiungerebbe valori di poco superiori al 18 per cento tra il 2040 e il 2045, imboccando successivamente un sentiero di costante e significativa discesa”.

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