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Giovani, lavoro e formazione, audizione Conflavoro PMI in Senato

Stage più lunghi, intensificare gli maggiori incentivi per le aziende e sistema uniforme tra le Regioni, queste alcune delle proposte di Conflavoro

“Non v’è dubbio che gli effetti diretti e indiretti della pandemia saranno maggiormente a carico dei giovani, a causa sia della necessaria emissione di debito pubblico che ha già trasferito l’onere fiscale sulle future generazioni, sia dell’impossibilità da parte delle imprese di assumere. Difficoltà, questa, che non può che essere aggravata dalla situazione internazionale che ci troviamo a vivere”. A delineare questo drammatico scenario Sandro Susini, membro del Comitato Tecnico Scientifico di Conflavoro PMI, nel corso dell’audizione in Senato di questa mattina, sui canali di accesso al mondo del lavoro per i giovani, i neo diplomati e i neolaureati.

A dicembre 2021 il tasso di disoccupazione tra i giovani superava il 26%, seppur in calo dello 0,7% rispetto al mese precedente. Fondamentale, per Conflavoro PMI, mettere in campo quanto prima le giuste misure per scongiurare l’aumento delle diseguaglianze socioeconomiche tra generazioni. Necessaria una riforma strutturale del sistema di tirocini e stage, ad esempio, attraverso un prolungamento dei tempi per accedervi, un’estensione del numero di tirocinanti a disposizione di ciascuna azienda e un allargamento dell’intera platea dei potenziali apprendisti, che data la situazione di crisi, non dovrebbe più comprendere solo i giovanissimi e chi ha terminato un percorso di studio, ma anche chi ha perso il lavoro, i soggetti deboli, chi si trova a rischio sfruttamento.

Altra istanza portata avanti da Conflavoro PMI riguarda gli incentivi e le agevolazioni per favorire le imprese e facilitare i processi di assunzione al termine del periodo di stage. Sarebbe utile infatti vincolare l’attivazione di nuovi tirocini a una quota di assunzioni al termine del periodo concordato (limite che adesso vale solo per le aziende con più di 20 dipendenti) come spiegato da Susini: “A oggi la prima attivazione di un rapporto di lavoro avviene con un contratto a termine (50,8% del totale) o con l’apprendistato (33%). I contratti a tempo indeterminato costituiscono solo il 10,7%. Inoltre la possibilità che i tirocini portino a un’assunzione diventa sensibilmente più alta nei casi in cui il periodo di apprendistato ha una durata più elevata, fino a un anno. La nostra proposta è quella di portare la durata media di un tirocinio da sei a dodici mesi, per favorire sia l’azienda che l’apprendista e aumentare le probabilità di un’assunzione”.

 Necessaria è, in ultimo, l’uniformazione dei sistemi di accesso su base nazionale, laddove oggi vige una differenziazione del sistema di formazione su base regionale. Un sistema, questo, che tende ad acuire in maniera sensibile le già gravi discrasie tra le varie regioni d’Italia.

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