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Startup innovative: cos’è il work for equity e quali vantaggi fiscali porta?

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Il work for equity è una metodologia di retribuzione possibile ormai da diversi anni, legata alle startup o PMI innovative. Scopriamo insieme i pro e i contro

 

Una pratica che in Italia deve ancora ingranare

Il concetto di work for equity, in linea di massima, è utilizzato per indicare quelle situazioni in cui il lavoro svolto per una startup o PMI innovativa è retribuito al dipendente mediante quote del capitale d’impresa. O, più precisamente, tramite la distribuzione di strumenti finanziari della società in questione. Può comunque esserci la presenza di uno stipendio ‘classico’.

Il work for equity è una possibilità in Italia già prevista, almeno entro una certa misura, per le Spa e le Srl e, poi, introdotta nell’ordinamento anche per le startup e PMI innovative (Dl 179/2012 – c.d. Decreto Crescita 2.0).
 

I beneficiari del regime fiscale e contributivo agevolato

La norma vigente (art. 27, Dl 179/2012) prevede dei benefici fiscali per amministratori, lavoratori dipendenti sia full time sia part time e collaboratori continuativi. Con esclusione, quindi, dei collaboratori occasionali. Le prestazioni possono essere remunerate attraverso strumenti finanziari ed essere, pertanto, esenti da imposte dirette e da obblighi contributivi per tutta la durata temporale in cui una startup mantiene i crismi che la portano a essere considerata innovativa.

 

Il funzionamento del work for equity

Esistono più modi per assegnare gli strumenti finanziari legati al work for equity: la loro emissione va a costituire una riserva del patrimonio netto della società.

Tra i modi di assegnazione vi è l’aumento di capitale a titolo gratuito oppure a titolo oneroso. Nel primo caso le quote sono assegnate gratuitamente ai lavoratori dipendenti con delibera dell’assemblea dei soci e tenendo conto degli utili distribuiti. Nel secondo caso, invece, gli strumenti finanziari possono essere assegnati anche grazie ad aumenti di capitale a pagamento, con l’assemblea che deve fissare il prezzo di sottoscrizione.
 

I pro del work for equity

I vantaggi del work for equity non si esauriscono con i meri vantaggi fiscali. Ve ne sono altri che, almeno in teoria, permettono di creare dentro la startup un amalgama vincente tra datore di lavoro e lavoratore. Su tutto, sicuramente, c’è la fidelizzazione di quest’ultimo: il dipendente, essendo retribuito con quote del capitale d’impresa, ha tutti gli interessi a partecipare all’andamento positivo della società.

Un altro aspetto principale da considerare, poi, è che il dipendente di una startup o PMI innovativa non grava sulla società nel momento in cui questa si è immessa nel mercato con disponibilità economiche presumibilmente molto limitate. Il dipendente, così, può collaborare, pur rischiando in prima persona, alla startup ed essere comunque retribuito – coi vantaggi fiscali di cui sopra – partecipando inoltre al futuro successo aziendale.

 

I contro del work for equity

Certo, ogni medaglia ha il suo rovescio. Perché partecipando al capitale sociale della startup il lavoratore potrebbe diventare un perno della stessa e ottenerne un lauto guadagno nel lungo periodo. Però, la startup potrebbe anche non avere successo e, pertanto, il collaboratore potrebbe ritrovarsi con in mano quote di un progetto morto. Carta straccia, in sostanza.

Un altro dei problemi da mettere in conto – ma qui l’andamento societario dell’impresa non ha voce in capitolo – è una situazione burocratica poco chiara, sicuramente da rivedere per permettere al work for equity di camminare sulle proprie gambe e dimostrare sul campo se funziona o meno. Il suo funzionamento, difatti, è piuttosto meticoloso e servirebbe, in sostanza, una semplificazione normativa che incentivi l’utilizzo di questa modalità di retribuzione.

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